Quante volte ci capita di leggere un tweet talmente geniale che vorremo stamparlo, incorniciarlo e magari attaccarlo al muro della nostra casa o del nostro ufficio? Onehundredforty, il servizio creativo ideato dalla designer svedese Amelia Shroye e dai suoi colleghi dell’agenzia House of Radon, risponde proprio a questa esigenza: bastano pochi click e un qualunque tweet scelto dall’utente può essere trasformato dall’applicazione in una vera e propria stampa artistica, sfruttando un algoritmo che combina fra di loro diversi parametri (disegni, foto, font) creati appositamente da alcuni artisti coinvolti nel progetto.
I creatori del servizio (attualmente ancora in fase di crowdfunding su Kickstarter), ci tengono a precisare che alla base del progetto c’è la volontà di rendere ogni stampa un pezzo unico: ovvero ogni singolo poster prodotto avrà la propria combinazione di design, e non potranno essere venduti più poster con la stessa combinazione. Al momento del lancio il servizio saranno coinvolti 15 artisti diversi, con 50 disegni originali e con più di 5000 possibili risultati progettuali. “E questo” – dicono “è solo l’inizio”.
Siete nostalgici dell’inchiostro? Feticisti della carta stampata? L’e-book proprio non lo capite e non ci tenete a perdere diottrie leggendo articoli su internet? Allora SPAM Magazine potrebbe essere la rivista che fa per voi. Non lasciatevi intimidire dal nome che ormai avete associato alla posta indesiderata: SPAM è una free-press mensile con l’ambizione di raccogliere i migliori contenuti del web su carta. Ma non finisce qui. Si tratta del primo magazine interamente in Realtà Aumentata: ogni pagina, inquadrata con un mobile device, da accesso a contenuti extra creando così un ponte tra la carta e il web.
La cosa ci ha incuriositi, abbiamo ficcato il naso tra le pagine (cartacee e digitali) di SPAM e abbiamo fatto una chiacchierata con Federico Mirarchi, co-founder della rivista, per capirci qualcosa di più.
Chi c’è dietro Spam Magazine?
Dietro SPAM ci sono semplicemente Federico e Roberto, un copywriter e un art director con tanta “voglia di fare”, e soprattutto con la voglia di fare le cose fatte bene. Due che ci stanno provando, tutto qui, come ci provano tanti altri ragazzi, che magari non hanno visibilità, magari mai l’avranno, ma che in compenso stanno vedendo diventare concreta un’idea, cosa che dà sempre tanta soddisfazione.
Roberto Piazza e Federico Mirarchi, i fondatori di SPAM Magazine.
Spam nasce dall’amore simultaneo per la carta e per il web, due media apparentemente inconciliabili e spesso in conflitto. Quali sono gli aspetti principali che amate di entrambi i mezzi e come convivono in Spam? Il magazine nasce da due passioni esatto, la passione per la carta stampata e quella per il digitale. L’idea è stata quella di unire carta e internet in un unico nuovo media. SPAM infatti seleziona i contenuti dal web, scegliendo articoli, recensioni, illustrazioni e fotografie, stampa questi contenuti su carta, dando loro quella materialità emotiva che internet, più freddo e frenetico, non ha, e poi torna al digitale grazie all’utilizzo della Realtà Aumentata: con l’app di SPAM Magazine, infatti, inquadrando le pagine si scoprono contenuti extra quali video, animazioni, oggetti 3D, link di approfondimento, shop online e altri contenuti testuali, per esempio. I due mondi dialogano fin dal principio, il loro stesso dialogo è la base del magazine: contenuti che provengono dal web che vengono stampati su carta e che poi possono essere approfonditi in Realtà Aumentata. Al modo tradizionale di fruire di una rivista abbiamo aggiunto il modo digitale. Riteniamo che questa integrazione tra carta e digitale possa essere il futuro dell’editoria. Noi lo consideriamo il presente ma siamo gli unici ad avere un magazine totalmente in Realtà Aumentata, oltretutto gratuito.
Per capire come funziona SPAM Magazine la cosa migliore è guardare questo video tutorial:
Oltre a, ovviamente, scaricare l’app gratuita SPAM Magazine, per iOS e Android, e inquadrare le pagine della rivista.
Spam promette di raccogliere al suo interno i migliori contenuti del web: con che criteri vengono scelti i contenuti?
Il nostro gusto è il parametro di selezione. Selezioniamo contenuti non ancora esplosi in rete e sui social e che abbiano un sapore informale. La peculiarità del magazine è che l’informazione viene dal basso, dai blogger, quindi niente grandi firme ma punti di vista di persone “normali”. I contenuti che scegliamo inoltre sono “atemporali”, validi oggi e anche tra un anno, senza una scadenza insomma.
Sul web la diffusione di contenuti a scapito delle fonti/autori è una problematica costante: come gestite le fonti a cui attingete e come dialogate con gli autori nel momento in cui decidete di riportare qualcosa che gli appartiene?
Ogni volta che troviamo un articolo o un lavoro interessante, di fotografia o illustrazione, contattiamo gli autori chiedendo il permesso di pubblicare il loro lavoro. Non abbiamo quindi una redazione che scrive in base a un nostro brief, ma selezioniamo contenuti già scritti in cambio di visibilità visto che la rivista è gratuita. Devo dire che i blogger sono molto contenti di partecipare e molti si offrono per collaborazioni continuative totalmente gratuite, ma noi preferiamo dare in ogni numero del magazine, visibilità ad autori diversi.
Perché portare contenuti già esistenti sul web su carta stampata? Non rischia di essere ridondante anche a scapito dell’impatto ambientale? La lettura su digitale è “mordi e fuggi”, frenetica, spesso di si ferma ai titoli e ai sottotitoli senza approfondire, mentre si legge si è distratti dall’arrivo di una mail, di una chiamata Skype ecc. Con la carta ci si prende il proprio tempo, ci si stacca dalla frenesia di internet. Inoltre, essendo internet un flusso continuo, spesso basta non collegarsi alla rete un giorno per perdere contenuti interessanti. SPAM Magazine rappresenta quella raccolta di “segnalibri” che tutti abbiamo sul nostro browser ma che poi ci dimentichiamo di consultare con calma. Infine, sulla carta diamo ai contenuti dei blog quella dignità grafica che spesso in rete non hanno. Per quanto riguarda il discorso ambientale, noi stampiamo su carta FSC: l’FSC indica standard globali per la gestione delle foreste, all’insegna dell’equilibrio fra aspetti ambientali, sociali ed economici. Il benessere della comunità e degli ecosistemi forestali è importante quanto la ripiantumazione di alberi per assicurare il futuro delle foreste del mondo. Il sistema FSC fornisce anche una certificazione della gestione delle foreste e della rintracciabilità del legno. Per potersi fregiare dell’etichetta FSC, infatti, il prodotto deve rispettare una serie di standard in ogni fase della lavorazione, trasformazione, distribuzione e stampa, quindi siamo molto attenti. In ogni caso spesso si dà alla carta la colpa della deforestazione quando non è affatto così, per questo vi invito a leggere questi luoghi comuni sulla carta, su un sito che è apparso sul primo numero di SPAM appositamente per sfatare un po’ le cose che si dicono intorno alla cellulosa: http://www.it.twosides.info/Scarica-e-stampa-la-brochure
In Spam, la realtà aumentata costituisce il valore aggiunto della rivista, nonché anello di congiunzione tra carta e digitale: quali sono i contenuti a cui si può accedere e da chi vengono curati?
Grazie all’AR con SPAM possiamo approfondire ogni singolo articolo con video, link di approfondimento, shop online. Oltre ai contenuti editoriali ovviamente si possono approfondire anche i contenuti commerciali. I contenuti dell’AR e sua programmazione vengono curati da noi grazie alla collaborazione di Cristian Contini, il geek del gruppo, che conta, oltre a me e Roberto Piazza, cofounder del progetto, anche la preziosa collaborazione di Roberta Marchesi.
Spam è stato definitivo un prodotto innovativo, in che cosa risiede secondo voi la vera innovazione di questo progetto?
Sicuramente l’AR è il fattore che colpisce di più, ma non sottovalutiamo, in un periodo in cui tutte le aziende ormai si rivolgono a blogger e certi blog assumono il valore di un’azienda, che si cerca tutti di più un’informazione fuori dagli schemi, dal basso appunto, non controllata dalle logiche dell’informazione di massa. L’unione di questi due aspetti sicuramente rende SPAM, almeno a oggi, un magazine unico.
A due anni dal lancio di SPAM, il magazine diventa anglofono e approda a Berlino diventando il primo free magazine in Europa realizzato interamente in realtà aumentata. Vi aspettavate questo successo? Arrivati a questo punto, quali sono i vostri piani per il futuro della rivista? Quello di Berlino è stato un esperimento ben riuscito, ma comunque un esperimento. Berlino ha raggiunto l’apice in questi anni, diventando il sogno di tutti i giovani e il punto di partenza di start up e aziende. Personalmente anche noi ogni anno facciamo la nostra “puntatina” a Berlino, è una città che amiamo perché in continuo fermento artistico e culturale. Il nostro piano principale resta quello di espanderci in Italia, magari continuando con degli speciali all’estero, ma il nostro business core resta qui, chiaro poi che il sogno sarebbe quello di vedere uno SPAM distribuito in tutto il mondo, con contenuti presi da blog internazionali e con approfondimenti in AR provenienti dai paesi più disparati. Staremo a vedere.
Continuando a parlare di futuro, qual è il vostro punto di vista sulla carta stampata? Inoltre, essendo una free press, il dialogo con gli sponsor sarà fondamentale: avete avuto un riscontro positivo per quanto riguarda la disponibilità ad investire nel buon vecchio formato cartaceo? Gli investitori si sono dimostrati interessati, alcuni più di altri poi. In certi casi forse è ancora presto, o sono loro troppo indietro, e non hanno capito il progetto, in altri invece, con i brand più lungimiranti, è stato più facile dimostrare il valore aggiunto di SPAM, e l’innovazione che abbiamo portato nell’editoria. Chiaro che essendo un free magazine di alta qualità, come si evince dalla confezione, e vivendo solo di advertising, non è facile, soprattutto in un periodo come questo, ma per fortuna molti brand hanno visto in SPAM qualcosa di mai visto, scusa il gioco di parole, e questo è stato premiante, sia per noi che per il magazine. In generale invece, noi siamo convinti che la carta non morirà mai. Proprio settimana scorsa ho letto un articolo che consigliava di stampare il più possibile perché non resterà più niente dei nostri file. Anche guardando molto molto avanti, quando tra 2000 anni troveranno le nostre chiavette USB non potranno leggerle, la memoria storica sarà cancellata. Speriamo trovino almeno una copia di SPAM Magazine. 🙂
SPAM Magazine lo trovate su Facebook e in digitale su www.spam-magazine.com, se invece volete tastare la sua copertina stampata in rilievo e annusare le pagine fresche di stampa, le copie cartacee sono in distribuzione a Milano o a Berlino.
Da un po’ di tempo a questa parte si parla sempre più spesso di “proximity indoor”, cioè di un’interazione che permette di veicolare contenuti multimediali verso determinate persone in base alla loro posizione. C’è una scena del film “Minority Report” di Steven Spielberg dove questa tecnologia viene raccontata come la forma pubblicitaria del futuro: Tom Cruise cammina per strada mentre alcuni schermi pubblicitari interagiscono al suo passaggio. Ma se fino a qualche anno fa tutto questo ci poteva sembrare un’idea da (appunto) film di fantascienza, oggi questa tecnologia è già una realtà consolidata. Per generare una simile interazione basta infatti uno strumento hardware e uno software. Il primo si chiama beacon, il secondo è una piattaforma software che fa dialogare il beacon con il device.
I Beacons: cosa sono e come funzionano
I beacons (alla lettera “fari”) sono a tutti gli effetti dei “localizzatori” in grado di segnalare la propria presenza a un device (smartphone o tablet) che si trovi nelle sue vicinanze. Fin qui niente di eccezionale: il fatto è che riesce a farlo attraverso il protocollo BLE (Bluetooth Low Energy), una tecnologia pensata per “l’internet delle cose” capace di trasmettere informazioni wireless consumando pochissima energia (e dunque senza bisogno di alimentazione). I beacons più conosciuti sono prodotti da Apple (da qui il nome “iBeacons”) e funzionano con il sistema operativo Apple iOS (ma anche dispositivi Android possono sfruttarlo).
I beacons per i musei e gli spazi culturali
Fra i loro innumerevoli utilizzi i beacons stanno diventando anche la nuova frontiera tecnologica per rendere interattivi e multimediali i musei e gli spazi culturali. Pensiamo ad esempio di installare dei beacons in una galleria d’arte, posizionandoli vicino a dei quadri: quando un visitatore si avvicina ad un qualsiasi quadro il beacon riconosce la prossimità e fornisce contenuti multimediali su quel quadro (video, musica, informazioni sull’autore, ect). In questo modo visitare una mostra o un museo diventa un’esperienza integrata ed immersiva.
Ma un uso intelligente dei beacon non si limita solo a questo: possono infatti essere utilizzati anche come fonti per la raccolta dati (valutando ad esempio la popolarità di una mostra o di un’opera d’arte in base al “tempo di sosta” dei visitatori che si fermano ad ammirarla) o come strumenti per il check-in all’ingresso del museo (eliminando biglietti di carta, code, problemi di resto, ect).
Usi innovativi dei beacons nei musei: dalla personalizzazione della visita al gaming
In tutto il mondo sono già molte le istituzioni museali che utilizzano i beacons per arricchire l’esperienza di visita dei loro visitatori e la lista si accresce sempre di più (anche in Italia, come ad esempio i musei di Palazzo Farnese a Piacenza). Ma alcuni musei si sono spinti oltre l’uso convenzionale dei beacons, utilizzando la tecnologia in modo decisamente innovativo. Ne elenchiamo tre, giusto per dare l’idea di quanto in realtà l’uso che se ne possa fare sia potenzialmente illimitato.
Rubens Art Museum (Anversa, Belgio)
Come spiegato da questo video, oltre alle informazioni aggiuntive a livello multimediale, per ogni quadro i visitatori possono visualizzare una scansione a raggi X o zoommare su un dettaglio. E tutti i beacons formano un sorta di sistema di GPS interno al museo attraverso i quali i visitatori possono seguire percorsi tematici e personalizzati all’interno delle mostre.
Philips Museum (Eindhoven, Olanda)
Attraverso i beacons si è realizzato un vero e proprio gioco multimediale dedicato ai bambini battezzato “Eureka” e che prevede una sorta di “caccia al tesoro” digitale: i beacons disseminati per le stanze del museo interagiscono con degli iPad consegnati ai partecipanti che in questo modo sono coinvolti in quiz, puzzle e giochi localizzati nelle opere d’arte. Qui c’è un video abbastanza esplicativo dell’esperienza.
New Museum (New York, USA)
Per Giornata internazionale per la sensibilizzazione sulle mine antiuomo indetta per il 4 aprile dall’ONU, il New Museum di New York ha ospitato una mostra che ha usato i beacons per simulare un campo minato virtuale, utilizzando dei localizzatori dietro le esposizioni ed un’applicazione dedicata. Quando una persona si è avvicinata troppo ad un trasmettitore, il beacon si è comportato come una mina: è “esploso”, rilasciando nelle cuffie del visitatore il rumore di una forte esplosione, seguita da una testimonianza audio di una vittima (reale) dello scoppio di una mina.
L’integrazione con Facebook: i beacons dei musei diventano Social
Ma i Beacon possono essere pensati non solo per far comunicare il museo con i propri visitatori, ma con chi passa nelle vicinanze del museo (e dunque potenziali visitatori). Ad esempio la scorsa settimana abbiamo parlato dell’introduzione dei “Place Tips” di Facebook e di come, in via ancora sperimentale, in alcuni luoghi di New York siano stati integrati con dei beacons (prodotti da Facebook). Fra questi luoghi c’è anche un Museo: è il Metropolitan che ha consentito di installare al suo interno due beacons che comunicheranno con gli smartphones degli utenti Facebook nelle vicinanze. In questo modo chi si trova nei paraggi del MET ed utilizza il servizio “Place Tips” riceverà una notifica sul proprio profilo di Facebook, visualizzando i suggerimenti le recensioni/suggerimenti degli amici, le foto e i video inerenti al Museo ed altri contenuti geolocalizzati.
Che forma ha la musica?
Che cosa succede nella nostra testa quando ascoltiamo un brano musicale? Un variegato team sloveno di studiosi di neuromarketing, grafici e musicisti ha tentato di trovare la risposta a queste domande.
Braindance (Ples možganov) è un progetto sloveno di neuro-design e data visualization che si propone di colmare il gap tra scienza e arte.
Non solo: Braindance vuole esplorare la connessione e interazione tra diversi sensi e sulla rappresentazione visuale della musica.
Il progetto si basa sull’analisi delle differenze nella visualizzazione dell’attività cerebrale di persone che ascoltano un brano per la prima volta. Con l’aiuto dell’encefalografia (la registrazione dell’attività elettrica dell’encefalo) sono state misurate le onde cerebrali di 20 volontari durante l’ascolto di un pezzo musicale realizzato ad hoc. Il tutto aveva luogo all’interno di una “scatola nera” in cui i soggetti venivano privati di tutti i sensi escluso l’udito.
Gli autori del progetto affermano di essersi concentrati sulla visualizzazione delle due misurazioni più significative e scientificamente comprensibili: concentrazione e flusso. La concentrazione ci rivela quanto è alto il livello di attenzione del soggetto mentre i valori del flusso ci dicono quanto sia rilassato.
I risultati dell’esperimento sono stati visualizzati in una serie di 20 poster e in seguito esibiti. In più, ogni volontario ha potuto portarsi a casa una copia personalizzata dell’immagine del proprio cervello.
Un team di lavoro formato da 16 giovani (pronti a diventare 24 entro l’estate), un recente aumento di capitale da 5,1 milioni di euro e un obiettivo: 50 mila utenti a fine 2015 e 10-15 milioni entro i prossimi cinque anni. Questi sono i numeri di Satispay, la risposta Made in Italy all’Apple Pay di Tim Cook. Si tratta di un’applicazione completamente gratuita in grado di gestire ed effettuare pagamenti tramite smartphone che ha da poco debuttato nel nostro paese e entro la metà del 2015 si estenderà al resto d’Europa. Ma chi c’è dietro a questa startup 100% italiana? Dario Brignone, esperto informatico, Alberto Dalmasso, attivo nel campo finanziario, e Samuele Pinta, anche lui informatico, tre giovani hungry e foolish alla Steve Jobs, tutti cuneesi e appena trentenni. Noi di Dunter abbiamo incontrato Samuele per scambiare quattro chiacchiere con lui. Ecco com’è andata.
Ciao Samuele! Iniziamo a parlare della vostra startup. Com’è nata l’idea?
E’ iniziato tutto 3 anni fa quando Dario ed Alberto hanno cominciato a cercare una soluzione che coniugasse praticità ed economicità nello scambio di denaro tra privati. Dopo 8 mesi di studio, da gennaio 2013 hanno iniziato a dedicarsi esclusivamente a Satispay. Ed è in quel momento che sono arrivato anch’io a dare una mano. Insieme siamo riusciti a creare il team, sviluppare la piattaforma e raccogliere i capitali necessari. Adesso siamo pronti a spingere sul nostro marchio che deve vivere in modo autonomo pur essendo la soluzione stessa collegata al sistema bancario.
Come funziona Satispay?
Satispay permette agli utenti di creare un wallet collegato direttamente al proprio conto corrente bancario, qualunque esso sia. Ed è proprio in questo che consiste l’innovazione. Esistono molte altre soluzioni sviluppate da ogni singola azienda bancaria, ma sono limitate al solo istituto di credito. Satispay, invece, è una piattaforma di pagamento “universale”, funziona con qualsiasi banca e operatore telefonico: è sufficiente possedere un codice IBAN.
Una volta che gli utenti hanno scaricato l’app, dovranno creare un account specificando quanti soldi si vuole disporre ogni settimana per le spese. Satispay, ogni settimana, va infatti ad effettuare una sorta di ricarica prelevando dal conto corrente la somma necessaria per ripristinare il budget specificato. Con Satispay si può quindi scambiare denaro con altri utenti privati e pagare per i propri acquisti nei punti vendita convenzionati in pochi semplici mosse: gli utenti dovranno solamente inserire l’importo, selezionare il contatto o il negozio e attendere la conferma del pagamento. L’applicazione funziona dunque in modo semplice, immediato e intuitivo come WhatsApp o qualsiasi altro comune sistema di messaggistica istantanea.
Parliamo dei competitors. Facebook sta lavorando per integrare i pagamenti sulla sua applicazione Messenger, come da mesi fa Snapchat. Tim Cook ha dichiarato proprio in questi giorni che 2 transazioni su 3 dei mobile payments negli USA viene effettuata tramite smartphone Apple e la relativa applicazione Apple Pay. Cosa vi distingue dalle altre app del settore e come vivete la competizione con due grandi colossi come Facebook e Apple?
Satispay non è solo una semplice app, ma un vero e proprio circuito di pagamento. Il nostro obiettivo è quello di innovare il mondo dei pagamenti: ci siamo sganciati da quelli che sono i sistemi nati 50/60 anni fa e che si sono protratti sino ad oggi; stiamo parlando delle carte di credito, ovviamente. Sistemi che si stanno portando dietro problemi non di poco conto, dai costi di gestione dovuti agli innumerevoli attori, alla scarsa sicurezza. Satispay fonda le proprie basi su nuove regole ed elementi di sicurezza: ricordiamo che l’IBAN non è un dato sensibile, a differenza del numero di carta di credito per il quale è sufficiente la presa di possesso per commettere delle frodi. Tutte le iniziative nate recentemente, Apple Pay in primis, si basano sulle carte di credito semplicemente digitalizzandone l’utilizzo; il pagamento avverà tramite smartphone, ma il circuito sottostante rimarrà quello degli anni ‘50. Su Facebook per ora ci sono solo dei rumors e immagino che la loro intenzione sia quella di rimanere collegati ai circuiti tradizionali già esistenti. Facebook inoltre è una piattaforma che nasce con altri target; avvicinare un processo delicato come quello dei pagamenti ad una piattaforma social potrebbe semplicemente rivelarsi un ostacolo a Facebook stesso. C’è comunque da dire che sia Apple che Facebook sono due grandi nomi e se la loro intenzione è quella di far conoscere metodi di pagamento 2.0 al grande pubblico, tutto questo non potrà che esserci d’aiuto nell’educare la popolazione a questo nuovo approccio al denaro.
Cosa ci dici del futuro di Satispay?
Stanno ora partendo i primi pilot che ci permetteranno di misurare Satispay in mercati a noi vicini e conosciuti. Nelle prossime settimane attiveremo le prime iniziative di marketing, inizialmente focalizzate sulla città di Milano e i suoi atenei universitari e presto ci estenderemo ad altre città italiane.Stiamo già lavorando per ottenere l’autorizzazione come Istituto di Moneta Elettronica in UK per diventare totalmente indipendenti e aprire, entro la fine dell’anno, le porte all’Europa. L’avvento della SEPA (Single euro payments area) nel 2014, ha fatto si che gli standardi di pagamento in 34 paesi del continente venissero armonizzati: siamo di fatto già pronti per ciascuno di questi paesi. Questo ovviamente non limita la volontà di espanderci in futuro anche oltre le frontiere europee.
Dall’idea alla startup: qualche consiglio per i giovani come voi che sognano di trasformare le loro idee in un lavoro?
Non smettere mai di guardare oltre, cercare al di là di quello che può sembrare una barriera o un confine già delineato e trovare le persone giuste, che abbiano la tua stessa visione e lo stesso modo di approcciare l’impresa. Sembrano frasi fatte, ma è esattamente così. Ah e poi, ovviamente… lavorare durissimo!