Stefano Pesca: il progetto Vertical Stage

Stefano Pesca: il progetto Vertical Stage

Ma come ti è venuta l’idea del Vertical Stage?
Direi che iniziamo con la domanda più difficile! [sorride]. Non è mai facile risalire all’origine di un’idea. Un mix di input esterni, esperienze vissute, emozioni personali che, elaborate, fungono da stimolo per l’intuizione. Parlando concretamente potrei   rispondere di essere stato ispirato dai Beatles sui tetti della Apple di Londra nel ’69 o, per la spettacolarità dell’evento, dai Pink Floyd sulla laguna di Venezia nell’ 89, ma anche dai “Concert dla rua” di Pont Canavese, piccolo comune nei pressi di Torino. A dir la verità, l’intenzione di separare tra loro gli elementi di una band, concependo un palco che portasse il pubblico a posizionarsi centralmente rispetto ai musicisti, mi era venuta nel marzo 2010 in fase di preparazione della 9° edizione dell’ AliveFestival, iniziativa mai realizzata per mancanza di risorse economiche. Non avendo potuto finalizzare la mia idea in quella circostanza quando, a Paratissima, ho avuto invece l’occasione di utilizzare i balconi come palchi e non ho resistito allo stimolo: iniziando così  la mia avventura. Il progetto ha suscitato l’interesse della factory creativa eggers 2.0 che, dopo Torino, ha deciso di sposare il Vertical Stage e farsi carico della comunicazione e della amministrazione dello stesso lasciando così a me il tempo di dedicarmi alla creatività.
Che differenza organizzativa c’è tra un concerto normale e questa istallazione di guerrilla marketing urbano musicale?
Di certo, escludendo le evidenti differenze tecnico strutturali (non c’è il palco), le principali differenze da un concerto, come dici tu “normale”,  sono appunto l’inconsueta separazione dei musicisti su piani differenti e il conseguente impatto emozionale dovuto al fatto che le luci e l’audio sono posizionati direttamente sull’architettura del palazzo e lungo la via, anche lei spazio insolito per un concerto, per abitudine organizzato in spazi aperti. Sottolineerei anche particolarmente il profondo impatto sociale che il Vertical Stage fin ora ha provocato. Entrando nelle case delle persone, e dovendo lavorare fisicamente a contatto con i negozianti e le realtà di quartiere, grazie al Vertical si sono instaurate delle profonde relazioni umane con la via, il quartiere ed i suoi abitanti. E poi, per citare Samuel: “Riprendiamoci la strada. La strada è nostra”.

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Differenze tra il Vertical di Paratissima e quello realizzato per il Fuori Salone a Milano?
Torino è la mia città e di conseguenza è stato più facile realizzare l’evento.In questo momento sicuramente è una città più adatta e più disposta a questo tipo di anomale iniziative culturali. Milano era un incognita e sopratutto non era una città molto duttile in questo senso (parlo al passato perchè spero che la nuova amministrazione non freni più iniziative simili a questa). Ci sono stati revocati i permessi a due giorni dall’evento e ora ci troviamo a dover pagare una multa molto salata. A livello di impatto, e di risposta, di pubblico e stampa l’evento è stato simile in entrambe le città, con il picco di partecipazione su Milano dove era inserito nel contesto più internazionale del Fuori Salone.

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Perchè hai scelto i Motel Connection come primi artisti? Quali sono state le loro impressioni per questo esperimento?
Quando ho concepito l’idea ero in Salento, al Babilonia di Torre St. Andrea e i Motel stavano per salire sul palco per un piccolo secret show insieme ai salentini Steela. A livello artistico l’intenzione era quella di trovare un progetto che fosse un ibrido tra una band e un live set più elettronico e loro mi sono sembrati gli artisti più adatti. Li è partita la proposta. Dal lato loro, li ho subito trovati disponibili e mi hanno dimostrato fin dal principio di confidare nel progetto.
L’evoluzione naturale è l’Europa. Cosi ci aspetta tra pochi giorni?
Ora sono in procinto di realizzare l’evento sul balcone del Parlamento Europeo di Bruxelles, inserendolo all’interno dello YO!Fest, organizzato dall‘European Youth Forum, e di conseguenza la mia volontà sarà di esportarlo in altre capitali europee [ecco l’evento su Facebook]. In Belgio ho dovuto rivedere in parte il concept artistico in quanto il balcone è uno solo e si trova in una piazza e non in una via, ma l’occasione di realizzare il Vertical in un contesto simile non capita tutti i giorni e così ho accettato la sfida. A livello artistico le idee di integrazione sono molteplici ma preferisco non svelarle. A tal proposito volevo ringraziare per aver creduto nell’idea Alfa Mito.
Sappiamo che a causa della particolarità dell’evento ogni volta è molto difficile ottenere i permessi per realizzarlo. Cosa ti spinge ad andare avanti nonostante le difficoltà?
[ride di gusto]…..è quello che mi chiedo sempre anche io. Come ho già detto l’ incoscienza sicuramente la fa da padrone ma anche l‘adrenalina che si genera quando si fa qualcosa di atipico e inconsueto. L’ ansia è sempre molta, la paura che qualcosa vada storto, che non funzioni come si era pensato: insomma, si creano le stesse aspettative dell’artista che deve salire sul palco e deve assolutamente soddisfare i fans. Dopo che l’evento è stato realizzato mi sento particolarmente leggero, appagato dall’aver contribuito alla felicità altrui, di aver generato emozioni positive… e come diceva Oscar Wilde ” l’ansia è insopportabile. Spero solo che duri per sempre”
Quindi, cari lettori di dunter.com: per chi avrà possibilità, l’appuntamento con Al Doyle Dj Set (HotChip) + Motel Connection Dj Set + Compact Disk Dummies è fissato alle ore 20 in Piazza Louxembourg a Bruxelles.

Per chi non potrà esserci: ecco lo streaming sul sito http://www.verticalstage.org o la

Twitter Cronaca da dietro le quinte @verticalstage
God save the Vertical.


1390 782 Andrea Casaleggio

Andrea Casaleggio

Il dunter delle scienze internazionali. Eventi olimpici, Europei vari, il Gran Paradiso ed il bancone del Whispy. Unisce, propone, conclude: se i fatti e la teoria non concordano, cambia i fatti. Legge Wiki e gioca ( in attacco ) a calciobalilla. Barra dritta: think global, act local!

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