#EveryDayClimateChange: gli effetti del riscaldamento globale sbarcano su Instagram

#EveryDayClimateChange: gli effetti del riscaldamento globale sbarcano su Instagram

Raccontare, ogni giorno, l’impatto dei cambiamenti climatici sulla Terra attraverso gli occhi di Instagramers sparsi in tutto il mondo. E’ questo l’obiettivo di “EveryDayClimateChange”, l’account Instagram nato il 1 gennaio 2015. Il progetto è opera del fotografo americano James Withlow Delano e si avvale della collaborazione di 41 fotoreporter professionisti, provenienti da località diverse, affiancati da dilettanti della fotografia, che partecipano alla narrazione attraverso l’hashtag #EveryDayClimateChange.

 

“Spero che riusciremo a coinvolgere nuove persone che normalmente non si preoccuperebbero di questo tema. Siamo in grado di mostrare che il cambiamento climatico sta avvenendo negli Stati Uniti, in Europa, in Giappone, come nella regione artica e nelle foreste pluviali. Nessuno ne è immune” afferma Delano al sito Climate Central.

Le fotografie spaziano dalla deforestazione in Indonesia, ai quartieri inondati di Bangkok, ai pozzi di petrolio in Niger, alla diminuzione del ghiaccio sulla montagna più alta dell’Ecuador. Alcune rivelano zone e fiumi disseccati, come la provincia di Mendoza in Argentina, il Rio Negro in Brasile o il San Antonio Lake in California, altre isole del Pacifico coperte quasi interamente dall’acqua, mostrando sempre il lato intimo del cambiamento climatico e del suo impatto sulle persone.

 

Il progetto si ispira all’account EveryDayAfrica, nato nel 2012 con l’intento di proporre un’immagine diversa del continente africano: non più un luogo afflitto da guerre, carestie e devastazioni, ma volti, persone e storie di chi lo popola. Oggi EveryDayAfrica conta più di 120.000 followers ed ha portato alla creazione di altri progetti analoghi in Asia, America Latina e Medio Oriente. E ora c’è anche EveryDayClimateChange, che però, a differenza degli altri “EveryDay”, assume una visione globale: l’account è popolato non solo da fotografi professionisti provenienti da tutto il mondo, ma è uno spazio aperto anche a scienziati, perché spieghino più in profondità cosa sta succedendo al nostro pianeta, e a semplici Instagramers pronti ad immortalare, nella loro quotidianità, sfaccettature di fenomeni locali che altrimenti rischierebbero di sfuggire all’attenzione del grande pubblico.

Il movimento #Empty su Instagram: la bellezza dei musei catturata a porte chiuse

Il movimento #Empty su Instagram: la bellezza dei musei catturata a porte chiuse

C’è una scena ne “La Grande Bellezza” di Paolo Sorrentino in cui il duo Servillo-Ferilli (alias Jep-Ramona) passeggia da solo di notte per la Galleria Nazionale di Arte Antica di Roma: è un momento magnifico e surreale, dove l’arte è colta in una dimensione atipica, tutt’altro che “da cartolina”. Come per dire che la bellezza a volte è di chi sa raccontarla sapendosi immergere nei suoi silenzi. Magari per distaccarsi al momento giusto, un attimo prima di esserne travolti.
Ecco, cogliere il fascino e l’emozione dei musei e delle loro opere d’arte durante l’orario di chiusura al pubblico è proprio la sfida lanciata dal movimento #empty (alla lettera, “vuoto”). Attraverso l’uso di uno smartphone e di Instagram, un gruppo di utenti creativi decide di raccontare l’emozione che si prova ad attraversare i musei (ma in generale gli spazi culturali) svuotati dalla presenza dei visitatori.

#EmpyMET
Il progetto è nato da un’idea dell’instagramer statunitense Dave Krugman che nel 2013 riesce a farsi dare il permesso dal Metropolitan Museum di New York di accedere al palazzo dopo l’orario di chiusura. Krugman coglie l’occasione al volo: invita altri instagramers e insieme iniziano a scattare fotografie (e a condividerle in rete) alle stanze deserte del Met.

Alcune delle fotografie scattate per #EmptyMET

I risultati sono sorprendenti: le opere d’arte di uno dei più importanti Musei del mondo sono catturate nella loro solitudine, immerse in ambienti completamente vuoti. La prima cosa che ci viene in mente guardando alcune foto è che l’immagine dell’architettura deserta del museo ha qualcosa di non comune e di esclusivo, come se diventasse essa stessa (nuova) Opera d’Arte.

#EmptyROH ed #EmptyTate
Non ci vuole molto che il successo di #emptyMET travalica i confini degli Stati Uniti e arriva all’attenzione di Dolly Brown, instagramer londinese. Nel settembre 2014 è lei ad ospitare il movimento #empty e lo fa – niente poco di meno che – alla Royal Opera House di Londra, forse il più prestigioso Teatro d’opera al mondo. Insieme ad altri 10 Instagramers Brown lancia l’evento #emptyROH una mattina del settembre 2014. Trattandosi di un teatro e non di un museo questa volta il racconto attraverso Instagram diventa un modo per scoprire il “dietro alle quinte”.

Gli scatti per #EmptyROH

L’esperienza, racconterà poi Brown, è unica: “Abbiamo visto i costumi di Manon, i fiori di ciliegio negli oggetti di scena di Madame Butterfly ed assistito alla classe di danza mattutina del Royal Ballet, qualcosa di veramente esclusivo”. Sempre Brown è la promotrice, appena un mese dopo, di un evento #emptyTate alla Tate Modern.

Libertà creativa, promozione ed accessibilità
Analizzandolo più in profondità, il successo del movimento #empty si può spiegare nella capacità di unire in un’unica esperienza tre esigenze.
La prima è quella degli instagramers che possono usufruire di un momento unico ed esclusivo, quello di attraversare dei musei senza visitatori: “quando in uno spazio è occupato da una folla di persone spesso la bellezza della sua architettura tende a passare in secondo piano” racconta Brown – “da soli invece si può sperimentare un senso di libertà creativa mai provato prima”.

Gli scatti per #EmptyTate

La seconda esigenza è quella dell’istituzione museale/culturale che vede promuoversi in modo praticamente gratuito e decisamente non convenzionale in rete, offrendo al pubblico un immaginario unico del suo patrimonio architettonico ed artistico e guadagnandone in visibilità. Ad esempio con #emptyMET il museo newyorkese ha quasi raddoppiato in poche ore i suoi followers su Instagram.
La terza esigenza infine riguarda una nuova forma di accessibilità digitale: contribuisce – attraverso l’uso intelligente dei social media – a connettere il patrimonio culturale con un pubblico giovane, nativo digitale e spesso lontano dal vivere in modo quotidiano i musei e gli spazi culturali. In questo senso di “vuoto” il movimento #empty sembra avere solo il nome: in realtà un “vuoto” sa riempirlo, e in modo decisamente innovativo.

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