Se pensiamo alla figura professionale del graphic designer è pressochè impossibile scinderla dal computer in quanto strumento principale del suo lavoro, anzi, possiamo affermare che praticamente ci dorma assieme. Dall’impaginazione al fotoritocco, dall’illustrazione alla tipografia, le lavorazioni riguardanti la produzione grafica riguardano, per la maggior parte, l’ambito digitale anche quando il punto di partenza è analogico.
L’utilizzo del computer nel lavoro del graphic designer gli ha permesso di diventare più rapido, di avere a disposizione funzioni automatiche più precise: comporre un testo, giustificarlo in un colpo solo, annullare un errore con ctrl+Z (o cmd+Z, a seconda della propria fede) sono solo alcune delle migliaia di azioni che il designer può svolgere in meno di un secondo.
Ma che cosa ne era della progettazione grafica prima dell’avvento dei computer e prima che Adobe arrivasse a salvarci tutti (o forse no)? Comporre un layout utizzando forbici e colla, riusciamo ancora ad immaginarlo?
Per rispondere a queste domande Briar Levit, graphic designer americana e assistente alla docenza alla Portland State University, ha deciso di realizzare Graphic Means, un documentario che raccoglie strumenti e processi della progettazione grafica pre-digitale.
Analizzando la transizione che ha portato il graphic design ad essere una disciplina prevalentemente digitale, Briar Levit documenta i cambiamenti apportati dalla tecnologia nel lavoro quotidiano del progettista:
“Volevo anche provare a capire cosa è cambiato e cosa è rimasto invece identico nella cultura del lavoro in studio a seguito dei cambiamenti tecnologici e dei successivi riflessi a livello di modus operandi.”
Graphic Means è la riscoperta degli strumenti alla base del graphic design ma anche delle figure professionali che fornivano questi strumenti ai designer. Una riflessione interessante che emerge in Graphic Means riguarda anche l’aspetto umano del lavoro e l’interazione tra i vari professionisti del settore:
“Sono varie le “mani” che intervengono nella fase di realizzazione di un progetto, dal designer al typesetter, dal fotografo al production designer. Come si strutturavano queste relazioni? Cosa si è irrimediabilmente perso quando abbiamo avuto l’opportunità di far sì che una sola persona curasse tutti questi elementi? Cosa ci abbiamo guadagnato?”
Pensiamo ad esempio alla relazione tra grafici e stampatori: se prima era indispensabile interfacciasi con chi si sarebbe occupato della stampa del nostro progetto, oggi possiamo risolvere il tutto inviando una mail con le indicazioni necessarie alla tipografia o addirittura ricorrere a servizi di stampa online, ricevendo il materiale direttamente a casa.
Con Graphic Means Briar Levit non intende promuovere un ritorno alle origini, bensì aggiungere un tassello indispensabile alla conoscenza e formazione di ogni designer (e non):
“Puoi essere un buon designer anche senza conoscere nessuna di queste cose ma arricchiranno la tua conoscenza della disciplina instaurando un senso di orgoglio scoprendo cosa ha fatto questa gente prima di te.”
Briar Levit e il suo team hanno scelto Kickstarter per lanciare la campagna di crowdfunding che porterà alla realizzazione documentario, figurando come Kickstarter Staff Pick e raggiungendo, a dieci giorni dalla chiusura della raccolta fondi, al 50% del traguardo.